Irripetibilità del rimborso illegittimo di finanziamenti soci postergati

La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza n. 1729 pubblicata il 15 ottobre scorso, si è pronunciata sugli effetti derivanti dal rimborso illegittimo di finanziamenti erogati dai soci alla società, quando sussistono i presupposti per l’applicazione della postergazione ai sensi dell’art. 2467 c.c. La Corte ha precisato che tale rimborso non può essere qualificato come pagamento di un indebito, il che implica che la società non possa richiedere la restituzione di quanto corrisposto, salvo specifiche disposizioni di legge.

L’art. 2467 c.c. prevede la postergazione del rimborso dei finanziamenti erogati dai soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori quando, considerando anche il tipo di attività svolta dalla società, si rileva un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto oppure quando la società si trova in una condizione finanziaria tale da rendere più ragionevole un conferimento rispetto a un finanziamento. Ne consegue che, in presenza di tali condizioni, la società non può rimborsare i finanziamenti ai soci finché tali presupposti non siano superati e tutti gli altri creditori non siano stati soddisfatti o siano soddisfabili.

Nel caso sottoposto alla Corte fiorentina, il curatore fallimentare di una società aveva avviato un’azione contro il liquidatore, contestandogli di non essersi attivato per ottenere dai soci la restituzione di finanziamenti rimborsati illegittimamente dall’amministratore della società in violazione dell’art. 2467 c.c. La Corte di Appello ha respinto la domanda, ritenendo che il rimborso di un finanziamento postergato, anche se illegittimo in considerazione della natura postergata del finanziamento stesso, non possa essere oggetto di un’azione di ripetizione dell’indebito.

La Corte ha evidenziato che, pur in caso di violazione dell’art. 2467 c.c., l’amministratore che abbia autorizzato un rimborso illegittimo può essere chiamato a rispondere nei confronti dei creditori sociali, ma, una volta eseguito il rimborso, l’unico strumento di tutela riconosciuto ai creditori è quello previsto dall’art. 164, comma 2, del D.Lgs. 14/2019. Tale norma stabilisce che i rimborsi dei finanziamenti effettuati dai soci dopo il deposito della domanda per l’apertura di una procedura concorsuale, o nell’anno precedente tale deposito, sono inefficaci rispetto ai creditori. La disposizione, già presente nella seconda parte dell’art. 2467 c.c., introduce una disciplina speciale di revocatoria che opera entro limiti temporali definiti.

La Corte ha sottolineato che l’impossibilità di qualificare tali rimborsi come indebiti si desume anche dalla limitazione temporale dell’art. 164, che sarebbe superflua se si potesse applicare l’art. 2033 c.c., il quale consentirebbe di agire per la restituzione di tutti i rimborsi, a prescindere dal momento in cui sono stati effettuati.

Infine, la sentenza richiama la regola generale dell’art. 1185 c.c., secondo cui il debitore non può ripetere ciò che ha pagato anticipatamente. Nel caso dei finanziamenti postergati, il rimborso rappresenta il pagamento di un debito esistente, sebbene temporaneamente inesigibile, e perciò non può essere richiesto in restituzione salvo disposizioni di legge contrarie. Tra queste rientra l’art. 164 del D.Lgs. 14/2019, che introduce una deroga limitata alle regole generali, prevedendo l’inefficacia dei rimborsi di finanziamenti postergati avvenuti entro l’anno precedente l’apertura della procedura concorsuale o successivamente alla domanda per l’apertura della stessa.

 

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