Plusvalenza da cessione di partecipazioni realizzata da un non residente

In caso di cessione di partecipazioni in una società italiana da parte di un soggetto non residente (iscritto all’Aire), la plusvalenza è imponibile solo nello stato estero e non in Italia, applicandosi le previsioni della convenzione che prevalgono sulla norma interna. Questa è la posizione dell’Agenzia delle Entrate, espressa nella risposta a interpello 123/2024, che richiama una risposta simile riguardante un caso Italia-Belgio (risposta 135/2022).

Nello specifico il caso riguarda un istante con doppia cittadinanza Italia/USA, residente negli Stati Uniti, che possedeva una partecipazione in una società italiana venduta ai propri fratelli, anch’essi soci. La domanda posta all’Agenzia delle Entrate era relativa alla tassazione della plusvalenza realizzata dalla vendita.

L’Agenzia ha delineato il percorso normativo da seguire. Ai fini della normativa italiana, l’articolo 23, comma 1, lettera f del TUIR stabilisce che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia sono considerate prodotte in Italia da soggetti non residenti. Tuttavia, la normativa interna è superata dal diritto internazionale pattizio (come previsto dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del Dpr 600/73).

Pertanto, si fa riferimento all’articolo 13, paragrafo 4 della Convenzione Italia/USA del 1999, che si rifà al modello OCSE del 2017. Secondo questa convenzione, le plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni sono imponibili soltanto nello Stato contraente di cui il venditore è residente. L’elemento cruciale è l’avverbio “soltanto”, il che significa che l’imponibilità avviene esclusivamente nello Stato contraente di residenza del venditore, in questo caso gli Stati Uniti, escludendo qualsiasi tassazione concorrente che porterebbe poi al recupero dell’imposta pagata all’estero tramite il meccanismo del credito d’imposta.

 

Consulta la risposta completa dell’Agenzia delle Entrate.