Le scritture contabili non possono essere utilizzate a favore del contribuente se non sono più conservate per il superamento del limite stabilito dalla legge.
In buona sostanza è questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4638 del 21 febbraio 2024, affrontando il caso di un contribuente che non aveva più conservato le proprie scritture contabili ma cercava di avvalersi del superamento del termine di conservazione previsto dalla legge per evitare l’onere probatorio.
L’articolo 2220 del codice civile stabilisce che le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione. L’articolo 8, comma 5 della Legge 212/2000 conferma che l’obbligo di conservazione a fini tributari non può superare il termine di dieci anni dalla loro emanazione o formazione. L’articolo 22, comma 2 del DPR 600/73 estende l’obbligo di conservazione delle scritture anche oltre il termine decennale, fino alla definizione degli accertamenti relativi al periodo d’imposta corrispondente.
Nella sentenza, la Cassazione ha chiarito che il contribuente che vuole invocare un vantaggio fiscale deve conservare le scritture necessarie a provare il suo diritto, anche se questo comporta superare il limite decennale di conservazione.
Invece, nel diverso caso in cui è l’Erario a utilizzare le scritture contabili ultradecennali o contesti la mancata conservazione delle medesime oltre il predetto termine, vige l’orientamento per cui l’ultrattività dell’obbligo di conservazione opera se l’accertamento, iniziato prima del decimo anno, non sia stato ancora definito a tale scadenza.
Consulta la sentenza completa della Corte di Cassazione.
Cass. 21.2.2024 n. 4638