Con la sentenza n. 538 del 4/4/2022 il Tar della Puglia ha respinto il ricorso proposto da una fondazione che ha impugnato il provvedimento di estinzione emesso dalla Prefettura per sopravvenuta insussistenza delle condizioni per continuare a godere della personalità giuridica, essendosi il patrimonio iniziale significativamente ridotto.
Il requisito della “sufficienza” patrimoniale relativamente al perseguimento dello scopo prescelto, posto in termini di “adeguatezza” quale condizione per il riconoscimento della personalità giuridica, rappresenta un presupposto costitutivo dell’esistenza della fondazione. Infatti, ai sensi degli artt. 27 e 28 c.c., il suo venir meno determina il configurarsi dell’alternativa tra la dichiarazione di estinzione e la trasformazione.
La sentenza richiama l’art. 22 comma 5 del Codice del Terzo Settore che prevede, in caso di riduzione di oltre un terzo del patrimonio minimo per l’acquisto della personalità giuridica, che l’organo amministrativo o, in caso di sua inerzia l’organo di controllo ove presente, deve senza indugio deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo, oppure “la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente”.
Secondo il Tar della Puglia la riduzione del patrimonio impedisce di fatto il raggiungimento dello scopo, spingendosi a considerare irrilevante il patrimonio immobiliare della fondazione, seppur di notevole valore come evidenziato da perizia estimativa allegata al ricorso. I giudici amministrativi evidenziano che la ricorrente non ha deliberato “un piano di rientro del deficit finanziario con ricostituzione del patrimonio minimo necessario” né tantomeno “un piano economico dal quale risulti un saldo attivo tra le passività e gli introiti derivanti dal possesso dell’immobile suindicato, in grado di superare il deficit patrimoniale rilevato”.
Da ultimo, il Tar ha affrontato la questione della proporzionalità della misura dell’estinzione, rilevando che la fondazione ricorrente non aveva espresso censure specifiche in merito, con conseguente impossibilità per il Tribunale di valutare tale circostanza, salvo l’incorrere nel vizio di extra petita.